Il fattore “cuteness” preserva la specie.
Identificate le caratteristiche fisiche che scatenano negli essere umani il sentimento di tenerezza.
WASHINGTON (Stati Uniti) – «Che coccolo! Carino! Tenero! Dolce!». Chi non ha mai pronunciato almeno una volta queste parole alla vista di un cucciolo alzi la mano. È praticamente impossibile rimanere impassibili di fronte a due occhioni languidi incorniciati da un musetto tondo e paffuto, un’andatura incerta su zampe ancora tremolanti e un’aria davvero indifesa: tutte caratteristiche, queste, che gli scienziati impegnati nello studio dell’evoluzione dei segni di comunicazione non verbale riconducono al cosiddetto fattore «cuteness», o tenerezza che dir si voglia.
INDICATORI DI TENEREZZA – La nostra attrazione per ciò che definiamo «coccolo» si sviluppa non solo verso i piccoli animali, ma ogni qual volta ci troviamo di fronte a qualcosa che abbia almeno una delle caratteristiche identificate dagli studiosi come proprie del fattore tenerezza. Così, sono indicatori di «cuteness» le piccole dimensioni o la giovanissima età, la vulnerabilità e l’aspetto innocuo e bisognoso. Pare inoltre che l’essere umano sia talmente sensibile da commuoversi ed emozionarsi alla semplice vista di qualsiasi cosa che ricordi anche lontanamente un cucciolo di uomo: che si tratti di un disegno, di un animale o di un emoticon. Il nostro desiderio di possesso e l’istinto di protezione nei confronti di tali soggetti è tanto maggiore quanto più numerosi sono gli indicatori di tenerezza che li contraddistinguono. In tal senso si può quindi dire che la conservazione delle specie dipende anche dalla loro capacità di suscitare tenerezza: tendiamo a proteggere ciò che ci emoziona e intenerisce.
SPIEGAZIONE SCIENTIFICA – Secondo gli scienziati, questo comportamento è in parte razionale, ma dipende anche da fattori genetici: le ultime ricerche dimostrano infatti che immagini tenere stimolano nel cervello umano i medesimi centri del piacere chiamati in causa dal sesso, dal cibo e da alcune droghe.
TENERI A COMANDO – Questa predisposizione umana nei confronti di cuccioli e affini è talmente evidente che si presta ad essere sfruttata e manipolata per i fini più diversi. Si pensi, per esempio, all’astuzia felina del Gatto con gli Stivali di Shrek 2, che per disorientare gli spadaccini avversari nascondeva il musetto dietro alle falde del suo cappello mostrando loro un bel paio di occhioni sgranati da cucciolo indifeso. Allo stesso modo, c’è chi sfrutta il sentimento di tenerezza per attirare l’attenzione del pubblico su prodotti e servizi: non è insolito che intere campagne di marketing siano basate sull’enfatizzazione dei fattori che suscitano nell’individuo-consumatore il desiderio di possesso e l’istinto di protezione.
Alessandra Carboni / IL CORRIERE DELLA SERA
04 gennaio 2006
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