Uno studio dimostra che esiste un singolare nesso tra scarso apporto di sonno e rischio di prendere chili di troppo.
A furia di rubare ore alla notte, attardandosi davanti alla tv o navigando su internet, si finisce per dormire poco. È raro sentire qualcuno lamentarsi perché dorme troppo, di solito non è mai abbastanza. La nostra è una società assonnata e la sonnolenza un'emergenza che sta assumendo, a quanto affermano gli esperti, le dimensioni di un'epidemia nascosta.
Eppure il sonno, in termini evolutivi, rappresenta un'assoluta necessità. E le conseguenze sulla salute legate allo scarso apporto di sonno sono svariate, si va dal cancro alle patologie cardiovascolari, al diabete, all'ipertensione. Anche all'obesità, indicano diversi studi recenti.
Sfortunatamente, sia i medici sia la popolazione, nonostante l'immensa mole di conoscenze raccolte su come le ore dormite influiscano sui sistemi dell'organismo, sanno poco su quanto importante sia rispettare il rapporto veglia-sonno.
Le ultime notizie provengono dagli Stati Uniti e precisamente dall'analisi dei dati ricavati da un vasto campione di 39 mila persone fra i 32 e i 49 anni (National health interview survey).
Che cosa hanno scoperto i ricercatori? «Chi all'ingresso nello studio dormiva meno di 7 ore per notte, vent'anni dopo (la ricerca ha mosso i suoi primi passi nel 1982) aveva più probabilità di essere sovrappeso o, peggio, obeso» racconta Giovanni Cizza, endocrinologo ai National institutes of health (Nih) di Bethesda, tra gli autori dell'editoriale che accompagna i risultati dell'indagine pubblicati sulla rivista Sleep. «È una conferma a quanto era già stato osservato. Dal 1992 a oggi, una valanga di studi ha sottolineato la stretta relazione tra poco sonno e tutta una serie di problemi di salute» ha affermato Emmanuel Mignot, direttore del Centro di narcolessia all'Università di Stanford in un'intervista al Washington Post.
L'obesità rappresenta un'emergenza a livello mondiale, un fenomeno preoccupante del quale sono stati individuati molti fattori: dall'apporto calorico eccessivo rispetto al dispendio di energie (si fa una vita sedentaria e poca attività fisica) a una dieta troppo ricca di grassi e di cibi spazzatura. «Purtroppo i mutamenti evolutivi del nostro genoma sono in ritardo rispetto a quelli molto repentini del nostro stile di vita» commenta Mignot, nell'editoriale su Sleep.
È dimostrato che il nostro tempo di sonno si è ridotto del 20 per cento rispetto al XIX secolo: un'ora e mezzo in meno per notte. «In pochi decenni le innovazioni tecnologiche hanno distolto il nostro corpo dai ritmi naturali, stravolgendo quel magnifico orologio biologico interno regolato su 24 ore che, come un metronomo, scandisce il sonno e la veglia. Una sorta di direttore d'orchestra che coordina la complessa sinfonia di attività chimiche, ormonali e nervose delle nostre cellule» spiega William C.
Dement, dell'Università di Stanford, fondatore del Centro di ricerca sul sonno presso la medesima. Secondo i suoi calcoli, a ciascuno di noi in media è necessaria un'ora di riposo ogni due di veglia, in totale 8 ore al giorno. Un fabbisogno che varia ovviamente da un individuo all'altro. «Ognuno ha il proprio. Il cervello cerca di raggiungere questo traguardo: quanto più ci si allontana, per difetto, dal numero di ore necessarie, tanto più cercherà di farci dormire» spiega. Un bilancio che deve quadrare.
Che il minore numero di ore dedicate al sonno possa rientrare nel novero dei fattori che contribuiscono all'epidemia moderna dell'obesità lo suggerisce una varietà di studi. Se ne parla in questi giorni al Meeting annuale della North American association for obesity, a Vancouver, in Canada. Il sonno, dal punto di vista evolutivo è indispensabile come mangiare o fare l'amore per la sopravvivenza della specie. Che dormire faccia bene alla salute, influisca positivamente sul sistema immunitario e sia un elisir di lunga vita lo provano numerose ricerche.
Chi dorme poco e male accorcia la propria esistenza e le toglie vitalità. Gli studi di fisiologia indicano una serie di cambiamenti che provano i benefici del giusto apporto di sonno e dati scientifici presentati di recente da Alexandros N. Vgontzas, della Pennsylvania State University, sono una lode della pennichella. A quanto risulta, un vero e proprio antidoto contro gli effetti dannosi della carenza di sonno.
«Oggi noi sappiamo che dormendo poco, aumenta l'ormone dello stress, il cortisolo, anche le citochine proinfiammatorie, come la Il-6» scrive Mignot. Non solo, «in chi dorme non a sufficienza, si è ora visto, viene alterato l'equilibrio tra due ormoni, la leptina, prodotta dal tessuto adiposo, e la grelina, che stimola l'appetito, prodotta dal tessuto gastrointestinale».
La leptina, che dà al cervello un segnale di sazietà, in chi dormiva poco era inferiore del 20 per cento, quindi il segnale era più debole, mentre la grelina era maggiore del 20 per cento, perciò aumentava il senso di fame. E, alla fine, la collusione di questi due messaggi induce a mangiare di più.
«Dal punto di vista evolutivo questa risposta ha un senso. In una situazione di pericolo, l'uomo cacciatore deve stare sveglio e ha bisogno di riserve di energia, quindi è stimolato a procurarsi cibo, ma oggi? L'equivalente moderno di questo stato di allerta spinge solo a superare quei pochi passi che vanno dal nostro letto al frigorifero, ad aprirlo e a soddisfare la sensazione di fame» commenta Cizza.
Queste evidenze del potenziale nesso tra mancanza di sonno e obesità dovranno ovviamente avere conferma da studi ad hoc, ossia controllati. «All Nih siamo partiti da poco con un'indagine randomizzata: si arruolano pazienti obesi, che dormono meno di sei ore per notte, e li si fa dormire di più, un'aggiunta di 90 minuti, per un anno. Alla fine verificheremo se, grazie all'apporto di sonno, avranno non solo perso peso, ma anche ritrovato un equilibrio tra i due ormoni, leptina e grelina» conclude Cizza.
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